08 giugno 2013

L'USI a MILANO in lotta per difendere decine di posti di lavoro

Ivri, a rischio i lavoratori della sicurezza privata

L'azienda di vigilanza, con debiti per 170 mln di euro, è pronta a vendere. E intanto taglia lo stipendio dei dipendenti.

di Antonietta Demurtas
La crisi mette a rischio anche la sicurezza. A essere colpiti sono i lavoratori dell'Ivri, il gruppo specializzato in vigilanza privata messo in vendita nell'ambito dell'accordo di ristrutturazione dei debiti (circa 170 milioni di euro contratti in particolare con Banca Popolare di Milano e Unicredit) della holding Accadiesse, controllata da 21 Partners, Banca Leonardo, la spagnola Prosegur e la famiglia Zanè.

PRESENTE IN 30 PROVINCE. Per ora, a mostrare interesse per l'azienda sono stati vari concorrenti come La Patria, Coopservice, Sicuritalia, Axitea e All System. Che, nonostante la crisi e i debiti del gruppo, sono interessati a rilevare un'azienda la cui capogruppo - Ivri Direzione - è presente in oltre 30 provincie, conta 3.500 guardie, 215 milioni di euro di fatturato e clienti importanti.

Solo su Milano e provincia garantisce la sicurezza - armata e non- alla società Ac Milan, alla Mondadori, alla Fiera Rho e alla Fiera Milano, agli ospedali Fatebenefratelli e San Carlo, all'Unicredit di Porta nuova, alla Peugeot, alla Citroen.
CASSA INTEGRAZIONE PER 80. Insomma le commesse non mancano, ma la situazione lavorativa dei dipendenti diventa sempre più critica. Proprio a Milano, su 200 vigilanti armati dell'Ivri 80 sono in cassa integrazione straordinaria a rotazione volontaria già da un anno.
Un accordo raggiunto in seguito alla rassicurazione che i lavoratori coinvolti nel processo avrebbero guadagnato quanto gli altri «in pratica l'azienda si è impegnata ad aggiungere la parte mancante rispetto all'assegno di cassa integrazione»,spiega a Lettera43.it Sandro Bruzzese, segretario dell'Unione sindacale italiana (Usi).
Per quanto riguarda invece i lavoratori dell'Ivri che si occupano della vigilanza disarmata, era stata avviata la procedura prevista dalle legge 223/1991 per i licenziamenti collettivi (in tutto 179 sarebbero dovuti andare in mobilità), poi ritirata grazie a un verbale d'accordo firmato con le organizzazioni sindacali.

Una conciliazione per passare a un contratto meno remunerativo

Un sospiro di sollievo che, però, si è trasformato in una lenta agonia. Da aprile 2013, infatti, l’azienda sta chiedendo ai lavoratori della Ivri di sottoscrivere un verbale d’accordo che autorizzi la società a trattenere parte dello stipendio -attraverso un congelamento del 19,7% della retribuzione base lorda - per almeno un anno (prorogabile sino a tre qualora ce ne sia necessità) e a trasformare il contratto nazionale multiservizi in quello dei servizi fiduciari.
DIFFERENZA SALARIALE. Una conciliazione che, però, non è stata firmata da tutti i lavoratori. A Milano non l'hanno sottoscritta circa 50 dipendenti su 200, quasi tutti iscritti alla Uil e all'Usi. «Eppure, anche chi non ha firmato si è trovato il 30% in meno in busta paga», dice Bruzzese, «la 14esima congelata e le percentuali di straordinario ridotte. Rispetto al contratto della multiservizi, quello dei servizi fiduciari ha 228 euro in meno».
Una differenza salariale «non certo compensata dall'offerta dell'azienda che ci ha proposto una tantum di 500 euro lordi in caso accettassimo, attraverso la conciliazione, di passare da un contratto all'altro», commenta conLettera43.it Bruno Bodoira del direttivo provinciale Usi e dipendente Ivri.
LA PAURA DEI LICENZIAMENTI. Un passaggio che invece le sigle sindacali Cgil, Cisl, Ugl e Sinalv Cisal, attraverso un accordo aziendale, si sono rese disponibili ad accettare dopo che i loro lavoratori avevano firmato individualmente la conciliazione.
«Il nostro sindacato e i suoi rappresentanti», ha sottolineato il Sinalv in un comunicato, «non hanno mai consigliato ai lavoratori di firmare l'accordo di conciliazione con l'azienda, ma semplicemente spiegato che cosa sarebbe successo firmando o meno l’accordo sindacale».

Ovvero, il rischio che l'azienda riavviasse la procedura di mobilità. «L'azienda ha iniziato a giustificare le varie operazioni dicendo che siccome Ivri era una S.p.A aveva costi troppo elevati rispetto alle altre vigilanze - ormai organizzate per la maggior parte in cooperative - e quindi non riuscivano più a prendere appalti», spiega Bruzzese, «l'obiettivo è abbattere i costi, a partire dal cambio di contratto proposto attraverso un accordo di conciliazione con i singoli lavoratori».
INGIUNZIONE ACCETTATA. Ma visto che tutti non l'avevano firmato, dopo un primo momento di sconcerto, sei dipendenti seguiti dall'avvocato dell'Usi «hanno fatto ricorso con decreto ingiuntivo nei confronti della società che arbitrariamente ha effettuato la decurtazione economica in busta paga senza alcuna autorizzazione», racconta Bruzzese. Obiettivo:«Il ripristino del salario e l'applicazione del contratto di appartenenza». Una di queste ingiunzioni è già stata accettata dal giudice del lavoro di Milano

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