Nell’ultimo anno, a Roma, abbiamo assistito ad una impressionante accelerazione del processo volto alla dismissione e alla privatizzazione dei servizi pubblici. In questo ambito, rientra per molti versi anche l’attacco (definito impropriamente riorganizzazione) ad un settore che, in altre fasi, sarebbe stato considerato intoccabile: quello scolastico-educativo, con particolare riferimento agli Asili Nido. Proprio di questi ultimi intendiamo parlare qui, muovendo dalla vicenda, a un tempo peculiare e rivelatrice di dinamiche generali, del Nido dell’Infernetto, gestito dalla Farmacap. Ossia, da un’azienda municipalizzata di cui è stata sancita, con la Deliberazione di Giunta Comunale 4766 del 30 dicembre 2014, quella messa in liquidazione che porterebbe con sé la chiusura delle 44 farmacie comunali della Capitale, di diversi servizi socio-assistenziali e, ovviamente, dello stesso Nido in questione. Ne abbiamo parlato con Roberto Martelli, lavoratore con funzioni di segreteria nazionale della Confederazione USI (Unione Sindacale Italiana).
L'asilo nido di Via Marco Enrico Bossi, all'Infernetto
Da diversi anni i Nidi in convenzione hanno superato numericamente quelli comunali pubblici. Ci vuoi parlare brevemente della genesi, dello sviluppo e degli “approdi” possibili di tale dinamica?
Il primo sviluppo degli asili nido comunali risale al 1975-76, quando tra i compiti di ogni Ente Locale vi era anche quello di provvedere al bisogno, da parte delle famiglie e delle donne lavoratrici, di luoghi di natura socio-educativa dove bambini-e, di età compresa tra 3 mesi e tre anni, potessero essere accolti ed avere i primi contatti e le esperienze educative, preliminari alla scuola vera e propria. La carenza di asili nido aziendali, tipica sia delle imprese private che di quelle pubbliche, portò ad un crescente investimento nel settore educativo e alla costruzione di asili e strutture nelle circoscrizioni (oggi Municipi), a Roma come nelle altre grandi città. Per rispondere a una domanda superiore alla capacità ricettiva dei nidi comunali a gestione diretta, evidenziata dalle lunghe lista di attesa degli aventi diritto (si arrivò anche a oltre 7000 bambini-e e relative famiglie nelle liste centrali e municipali), durante l’amministrazione del sindaco Rutelli, intorno al 1997-98, furono approntate Deliberazioni di Giunta ed atti amministrativi, per dare “una risposta adeguata” e smaltire le liste di attesa, che permisero l’accreditamento di asili nido convenzionati con il Comune di Roma. Tali strutture dovevano svolgere la stessa funzione di base di accoglienza di bambini-e, senza però l’onore di rispettare le stesse procedure e modalità di intervento ormai codificate in 20 anni di servizio pubblico. Il personale educativo ed ausiliario, il cuoco non erano dipendenti pubblici, avevano contratti privati; in breve, quindi, si aprì una vasta sacca di precariato lavorativo, senza grandi controlli reali né delle condizioni di lavoro, né del rispetto degli standard didattici ed educativi, che avrebbero dovuto essere gli stessi dei nidi pubblici. I costi e le tariffe all’inizio erano concorrenziali rispetto alle rette comunali, gli orari di apertura dei nidi in convenzione (ai quali si aggiunsero poi i nidi “in concessione”, cioè spazi pubblici gestiti però da associazioni onlus private, anche in questo caso senza utilizzo di personale educativo e ausiliario pubblico), erano più favorevoli e più lunghi rispetto a quelli comunali. In pratica, “sempre per venire incontro alle famiglie”, si creò una concorrenzialità tra pubblico e privato, di fatto a svantaggio del primo. Progressivamente si riduceva l’offerta educativa pubblica, avvantaggiando quella del privato, tanto da arrivare, nel 2007, al “sorpasso” numerico da parte dei Nidi in convenzione. Attualmente, la tendenza si è stabilizzata, ma le preoccupazioni non sono diminuite, sia dal punto di vista delle condizioni di lavoro, salariali e di salute e sicurezza di chi lavora nei nidi in convenzione, sia sotto il profilo didattico e pedagogico, con il rischio di un abbassamento della qualità dei servizi. Certo, bisogna riconoscere che è meglio un approccio collettivo ed educativo in un asilo nido anche privatizzato o privato, che i tentativi di istituzionalizzazione delle “sperimentazioni” delle mamme-tate (dal tipo di servizio svolto dalle “tagesmutter” tedesche), in cui si riscontra un alto rischio di individualizzazione dei percorsi evolutivi dei bambini-e, visto l’isolamento delle singole mamme-tate, che non si confrontano con altre educatrici. Per non dire del livello di sicurezza degli spazi utilizzati rispetto a quello delle strutture educative di un asilo nido (in media un asilo nido messo a norma costa un milione di euro…), o del tipo di alimentazione, non sottoposto ai necessari controlli di grammatura. Noi temiamo che, in parallelo con i meccanismi di individualizzazione del rapporto di lavoro introdotti dal modello del “jobs act”, e in virtù della fine di un certo, pur controverso, modello cooperativo e sociale, si dia impulso alle onlus ed al volontariato al posto di aziende e cooperative. Si tratterebbe di un ulteriore passaggio verso la individualizzazione del lavoro e dell’intervento educativo in una fascia di età delicatissima, con tutti i rischi connessi alle valutazioni di una sola educatrice alle prese con gruppi di bambini-e. Il lavoro di gruppo rimane uno dei fondamenti di ogni azione svolta in ambito educativo, ma una gestione “mercantile” non può che essere maggiormente orientata alla quantità delle prestazioni lavorative ed educative (il “parcheggio” per tante ore di bambini-e) che alla qualità del sostegno ai percorsi di crescita per piccoli-medi e grandi.
Nel mondo variegato che hai appena descritto, vi è stato sin qui posto pure per una realtà come il Nido Farmacap dell’Infernetto, che è affidato in convenzione non a un soggetto privato, ma ad una Azienda speciale pubblica. Spesso se ne parla come di un vero e proprio “fiore all’occhiello” nel settore scolastico-educativo romano. Che fine potrebbe fare, in considerazione della spinta dell’amministrazione comunale di liquidare la Farmacap?
Infatti il punto è che la scelta, effettuata con la Deliberazione di Giunta Comunale 4766 del 30 dicembre 2014, di mettere in liquidazione (con un passaggio intermedio di trasformazione da Azienda Speciale Comunale in Società per Azioni Spa la Farmacap) costituisce un ulteriore passaggio del processo di smantellamento del pubblico nella capitale. Non a caso, il provvedimento in questione contiene anche la chiusura dell’Istituzione Biblioteche Comunali, nel segno di una centralizzazione del settore, che verrà quindi gestito direttamente dal Dipartimento Cultura, che risulta strettamente associata alla riduzione dei finanziamenti. Per quanto attiene alla Farmacap, sono minacciate anzitutto quelle farmacie comunali che, in termini di volume d’affari, rappresentano il 10% del totale del “mercato farmaceutico” della Capitale. In tutto sono 44, collocate nei quartieri periferici e popolari della città di Roma: in alcuni aree, come quella dell’Infernetto, dove è collocato l’asilo nido affidato a Farmacap di cui parlate, ossia nel X Municipio di Roma (quello di Ostia), sono in posizione singolarmente egemonica rispetto alle farmacie private. Ora, queste 44 farmacie comunali risultano essere una fetta di torta particolarmente appetitosa per gli imprenditori e gli speculatori interessati al profitto; di più, c’è il rischio che – una volta messe in vendita a gruppi o singolarmente - vengano utilizzate da “prestanome” di gruppi criminali e di associazioni a delinquere. Inoltre, la liquidazione di Farmacap provocherebbe la fine di importanti servizi socio-assistenziali rivolti a fasce deboli della popolazione, in particolare agli anziani (ed è noto che in una città come Roma il numero di cittadini-e over 65 e over 75 è assai elevato). In questo quadro, l’asilo nido affidato a Farmacap, rischia di fare la fine degli altri 4 che, in precedenza, l’azienda speciale comunale aveva ottenuto in gestione e affidamento: ossia la dismissione con il successivo affidamento a soggetti privati o una riacquisizione da parte del Comune. Questa seconda ipotesi, però, non sarebbe legata a processi di stabilizzazione del precariato comunale, né alla ricollocazione della forza lavoro dipendente della Farmacap al Comune. In più, se si va oltre la pur importantissima questione del destino di chi lavora, si potrebbe registrare questo fenomeno: a un struttura che oggi è considerata una eccellenza, ne subentrerebbe un’altra contraddistinta da modelli didattici e da un progetto educativo troppo schiacciati sulla quantità delle prestazioni rispetto alla qualità del percorso pedagogico da sviluppare con bambini e bambine. In questo caso, l’attività sindacale organizzata, ben più incisiva delle risposte singole, risulta volta non solo al mantenimento dell’occupazione ed alla piena ed efficace tutela della condizioni di lavoro e salariali, ma anche alla difesa della qualità del servizio, qualità che – come ho specificato in precedenza – rimane strettamente connessa all’attività svolta in gruppo tra diverse educatrici.
Peraltro, si può dire che oggi le lavoratrici del Nido Farmacap stiano vivendo sulla propria pelle tutte le contraddizioni connesse alle attuale politiche comunali rispetto ai servizi sociali ed educativi. Da un lato, sono sottoposte al peggioramento di condizione lavorativa connesso alla riorganizzazione di settore legata al contratto decentrato (la cui applicazione, nel loro caso, è stata sospesa sino al maggio 2015, in seguito alle lotte delle ultime settimane), dall’altra davanti a loro è sempre presente lo spettro delle conseguenze della privatizzazione e della esternalizzazione…
La situazione delle lavoratrici dell’asilo nido di Farmacap è quella di trovarsi di fronte ad una pesante ristrutturazione e riorganizzazione dei nidi comunali, con tutti gli aspetti di aumento dei carichi di lavoro e di aumentato stress lavorativo, tali da poter avere serie ricadute anche in termini di salute e sicurezza. Per non dire della guerra che l’amministrazione vuole scatenare tra le lavoratrici, poiché il salario accessorio viene assegnato su base “premiante”; in più, come giustamente segnalate, rischiano di essere sacrificate nella procedura di messa in liquidazione della Farmacap, trovandosi quindi in situazione di particolare debolezza “contrattuale”.
Situazione che però può non essere irreparabile se le lavoratrici, come hanno fatto sinora, rimangono unite al percorso di mobilitazione messo in campo per chi lavora negli altri settori e servizi della Farmacap (farmacie, sociale, amministrativi): è essenziale che si uniscano le rivendicazioni e si rimarchino i punti comuni, senza cercare soluzioni “differenziate” in virtù dell’attività professionale che si svolge.
L’incerto destino cui una realtà come il Nido Farmacap dell’Infernetto sembra andare incontro pone un ulteriore problema. Sono a forte rischio di ridimensionamento le biblioteche, le Farmacie comunali, gli Asili Nido ed altri servizi pubblici, molti dei quali collocati nelle aree più lontane dal centro della città. Si può parlare, in merito agli ultimi provvedimenti dell’Amministrazione comunale, di un vero e proprio “abbandono delle Periferie”?
Senza dubbio. Penso al ruolo svolto dalle biblioteche in questi ultimi anni: un vero e proprio baluardo pubblico nelle aree popolari e periferiche di Roma, come attestano la collaborazione costante con le scuole e le associazioni di quartiere, la quotidiana possibilità di accedere ai libri ed ai giornali per la lettura e la consultazione e, in generale, la capacità di funzionare da “anticorpo” al razzismo e dell’intolleranza, all’ignoranza ed all’analfabetismo “di ritorno”, promuovendo lo sviluppo di una società civile, solidale, internetnica e multiculturale, rispettosa delle differenze e delle diversità. Se poi aggiungiamo il tassello di cui ci stiamo occupando oggi – ossia, la demolizione dell’intervento pubblico nella prima esperienza formativa dei bambini – abbiamo davanti a noi un quadro davvero fosco. Occorre sviluppare una mobilitazione popolare tale da unire chi lavora nei servizi, nelle attività pubbliche e gli utenti e cittadini-e beneficiari di tali prestazioni, per convincere l’Assemblea capitolina a non ratificare queste nefaste scelte dell’Esecutivo guidato dal Sindaco Marino, altrimenti le periferie romane saranno consegnate ad uno stato di degrado inimmaginabile. Il punto è riuscire a dare vita, a partire dalle rappresentanze di posto di lavoro e dai lavoratori e lavoratrici autorganizzati, ad un’ampia e forte coalizione sociale che “liberi” di nuovo la città da cordate e gruppi di potere, anche di stampo criminale.
Puoi parlarci delle prossime mobilitazioni indette da USI, con particolare riferimento al settore scolastico-educativo?
Le prossime iniziative saranno messe in campo con il coinvolgimento e la partecipazione delle strutture sindacali e sociali che saranno in sintonia con le nostre pratiche e piattaforme, non solo quindi altri sindacati di base e conflittuali, sia con presidi e iniziative di presenza a sostegno delle RSU di Roma Capitale sui tavoli di trattativa con il Comune di Roma. Per esempio, il 5 febbraio dalle ore 15 (assieme a Usb) manifesteremo in Campidoglio, in concomitanza con l’incontro con il vicesindaco Nieri e Paolo Masini, Assessore a Scuola, Sport e Partecipazione. Quasi contemporaneamente, dalle 14 alle 17, il raggruppamento “operatori-trici sociali in lotta” svolgerà un presidio all’Assessorato alle Politiche Sociali (si tratta di due iniziative tra loro collegate, non solo perché anche molto personale dei nidi viene dalle cooperative sociali, ma anche perché tra gli operatori sociali vi sono anche coloro che lavorano nell’integrazione scolastica con disabili, gli AEC). Al culmine di questo percorso, il 10 febbraio, sempre in Campidoglio, nel pomeriggio, vi sarà una assemblea popolare e pubblica in concomitanza con la seduta dell’Assemblea capitolina, che dovrà approvare il Bilancio previsionale 2015 e anche ratificare quanto deliberato il 30 dicembre dalla Giunta Comunale.
ROMA CITTA’ APERTA, ROMA RESISTE…ROMA VA LIBERATA …DI NUOVO
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